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VENERDI 8 APRILE SU "LA NAZIONE"

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Messaggio  Lucamenes Gio 07 Apr 2011, 00:38

Sul quotidiano "La Nazione" di Venerdì 8 Aprile troveremo un interessante articolo riguardante il Maestro Nunziante.
Il Maestro è stato a Firenze ieri per rilasciare un'intervista e Venerdì verrà pubblicata...

L'interesse verso il Maestro è in continua ascesa... Olè! Lapo
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Messaggio  samuele Gio 07 Apr 2011, 01:06

Venerdì scorpacciata di quotidiani... cheers
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Messaggio  Lucamenes Ven 08 Apr 2011, 16:59

Ecco la scannerizzazione dell'articolo pubblicato oggi all'interno del quotidiano nazionale "La Nazione":
Potete vederlo e leggerlo cliccando qui: http://www.webalice.it/luamenes/antonionunziante/Emeroteca/2011-04-08LaNazione.html

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Grazie alla Metamediale e al Maestro per la scannerizzazione! cheers
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Messaggio  Lucamenes Ven 08 Apr 2011, 17:39

Altre immagini dell'incontro tra la soprintendente Cristina Acidini e il direttore de "La Nazione" Giuseppe Mascambruno:

http://multimedia.quotidiano.net/?media=21759&tipo=photo&id=771244&cat_principale_page=1&canale=35&canale_page=1
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Messaggio  samuele Ven 08 Apr 2011, 17:59

grande luca, la nazione non ero riuscito a trovarla, nella mia edicola non la trattavano Mad
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Messaggio  Lucamenes Ven 08 Apr 2011, 20:07

Moltissimi spunti si possono trarre da questo articolo-intervista:

- Hans Holenweg (massimo studioso di Bocklin) definisce il Maestro "La reincarnazione di Bocklin",

- I giudizi del Maestro riguardo gli altri pittori,

- La foto con la soprintendente del Polo museale Fiorentino Cristina Acidini, una personalità assoluta nel mondo culturale che si espone così tanto in una foto assieme al Maestro,

- Il manoscritto che rivela l'ispirazione dell' "Isola dei morti", cioè il castello degli Aragonesi ad Ischia:

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Messaggio  Stefano Sab 09 Apr 2011, 01:44

Lo spunto iniziale che mi viene da dire subito è che il maestro ha finalmente dichiarato quello che pensa in totale libertà, sottolineando quello che da tempo tutti pensiamo di certi artisti, ad iniziare da Hirst.

Il carattere di dire quello che pensa non gli è mai mancato, la sua capacità tecnica è superlativa, ha una fertilità espressiva di temi, cicli, soggetti e tecniche espressive da potersi smarcare da qualsiasi etichetta che spesso gli viene attribuita con troppa leggerezza.

Dopo 35 anni di esperienza conosce un pochino il mondo dell'arte e ritengo possa dire con senso compiuto quello che pensa, considerando che in questo strano mondo dell'arte molti pseudoartisti contemporanei, di cui si riempono la bocca tanti critici, siano semplicemente delle bolle speculative create ad arte per fare facili guadagni da abili mercanti.

Il maestro cammina da solo, questo l'ho già sottolineato da parecchi mesi, e non vi è dubbio che la sua carriera sia giunta ad un bivio. Grande è la curiosità da parte mia e di tanti altri suoi estimatori, di sapere quale strada intraprenderà.
Con Nunziante non ti annoi di certo, poco ma sicuro.... cheers
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Messaggio  Stefania Sab 09 Apr 2011, 14:03

un'intervista veramente interessante..che fa anche rumore viste le critiche rivolte alla Transavanguardia...inoltre anche il confronto con il passato della storia dell'arte è molto maturo!!!
l'unico errore mi sembra la data dell'inaugurazione....visto che parlano di domenica 17
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Messaggio  axis Sab 09 Apr 2011, 14:08

Stefania ha scritto:un'intervista veramente interessante..che fa anche rumore viste le critiche rivolte alla Transavanguardia...inoltre anche il confronto con il passato della storia dell'arte è molto maturo!!!
l'unico errore mi sembra la data dell'inaugurazione....visto che parlano di domenica 17

Spero solo di non aver prenotato l'albergo per il giorno sbagliato!
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Messaggio  Stefano Sab 09 Apr 2011, 14:16

Tranquilli, è solo il giornalista che ha sbagliato giorno, la mostra si inaugura sabato 16.

Per orari del museo e date cliccate qui sotto
http://www.studioesseci.net/mostra.php?IDmostra=735
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Messaggio  Stefano Sab 09 Apr 2011, 14:23

La vera chicca resta comunque il castello degli Aragonesi.

Pensa te, 100 e passa anni a pensare quale fosse il soggetto che ha ispirato l'isola dei morti e poi scopri di non aver mai capito nulla delle origini del suo pensiero.

Uno smacco mica da niente per tanti studiosi.
Un posto da andare a visitare quanto prima.
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Messaggio  axis Sab 09 Apr 2011, 14:28

Stefano ha scritto:La vera chicca resta comunque il castello degli Aragonesi.

Pensa te, 100 e passa anni a pensare quale fosse il soggetto che ha ispirato l'isola dei morti e poi scopri di non aver mai capito nulla delle origini del suo pensiero.

Uno smacco mica da niente per tanti studiosi.
Un posto da andare a visitare quanto prima.

ma ci sono prove certe o è solo un'ipotesi, apprezzabile fin che si vuole ma pur sempre speculativa?
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Messaggio  Lucamenes Mer 13 Apr 2011, 01:17

Nell'articolo il Maestro cita Vargas Llosa a Robert Hughes, per conoscere meglio il loro pensiero potete leggere questo articolo di Vincenzo Trione (curatore dell'ultima mostra a Palazzo Reale di Dali) tratto dal Corriere della Sera, che ha colpito molto Nunziante tanto da avermelo proposto un paio di settimane fa come spunto di discussione per noi forumisti:


Tendenze Un movimento spontaneo di letterati e filosofi contesta l' «estetica degli eccessi». Nel nome di un ritorno alla soggettività
Da Vargas Llosa a Robert Hughes I nuovi paladini dell' antimoderno
Nasce un partito di intellettuali contro l' arte «commerciale e scandalistica» Poteri Sotto accusa Nel mirino c' è prima di tutto Damien Hirst. Ma anche Jeff Koons, Jan Fabre e Maurizio Cattelan

Cosa hanno in comune Robert Hughes, Mario Vargas Llosa e Paul Virilio? Poco: si muovono in orizzonti diversi, appartengono a culture lontane, esprimono sensibilità differenti. Eppure, sono accomunati da un avversario: l' arte contemporanea, nei suoi eccessi e nelle sue degenerazioni. Voci di un' insofferenza sempre più diffusa, Hughes, Vargas Llosa e Virilio si apprestano a diventare i leader involontari di un nuovo partito estetico. Che nasce non da un preciso calcolo, ma da una stringente necessità. Non segue un programma, ma indica una convergenza. Si sta ramificando a livello internazionale, sorretto da una sorta di urgenza etica. L' obiettivo è quello di reagire, di opporsi, di non adeguarsi, ripristinando regole e ridefinendo giudizi. Un partito conservatore o progressista? Ci troviamo dinanzi a un movimento che sta sorgendo in modo involontario, con l' intento di suggerire possibili vie di uscita in una fase storica come la nostra, segnata da declino e da disorientamento. Un movimento antimoderno, che finora non ha redatto manifesti, ma è intervenuto in maniera rapsodica, con varie uscite, in programmi televisivi, su giornali e in libri, disegnando una sorprendente confluenza di prospettive. Ad animare questo gruppo è un prepotente istinto di ribellione. Si individuano alcuni miti negativi, da debellare: l' impoverimento della sapienza tecnica, la ricerca dello choc effimero, l' indebolimento della bellezza, la sudditanza nei confronti delle imposizioni del mercato. Un dato dovrebbe far riflettere. Il partito non è formato da critici d' arte tout court: i quali, sempre più spesso, sono legati a un' attualità senza radici, che viene talvolta assunta e documentata, non interpretata, né sfidata. Gli antimoderni sono intellettuali eccentrici, autonomi, liberi: scrittori, filosofi. Li guida la capacità di irritarsi, di indignarsi: indulgendo, spesso, in posizioni piuttosto apocalittiche. Per un verso, essi colgono i sintomi di una catastrofe poetica. Per un altro verso, immaginano sentieri alternativi. Vogliono correggere deviazioni, riscoprire il common sense. Con una veemenza polemica che ricorda certe annotazioni contro la contemporaneità di Giorgio de Chirico e gli scritti corsari di Pier Paolo Pasolini. Dietro di loro non vi è il Nietzsche delle «considerazioni inattuali», ma lo Spengler de Il tramonto dell' Occidente. E il Camus, che invitava a mettersi di traverso rispetto alle onde della Storia. Ma anche de Maistre, Baudelaire, Cioran e Barthes: tra gli autori di cui ha parlato Antoine Compagnon in un volume di qualche anno fa, intitolato proprio Les antimodernes (Gallimard), dove si ricorda che siamo di fronte non a reazionari, ma a «moderni controvoglia», che avanzano guardando in uno specchio retrovisore. Nella mappa di Compagnon, un posto rilevante potrebbe essere occupato da Hughes e da Vargas Llosa, i quali, nelle scorse settimane, si sono scagliati con veemenza contro il (presunto) responsabile delle corruzione attuali: Damien Hirst, straordinario promotore di se stesso, ma anche sofisticato alchimista di ossessioni. Un capro espiatorio troppo facile? In uno dei suoi «art essay» trasmessi da Channel 4, Hughes - riprendendo tematiche già sviluppate nel suo fortunato pamphlet La cultura del piagnisteo (Adelphi) - ha parlato di Hirst come di un pirata. Un cialtrone, costruttore di sculture che non hanno nulla in comune con le autentiche opere d' arte. Prodotti commerciali: nient' altro che brand. Hirst è riuscito a ingannare tante persone: «dai funzionari di museo come Nicholas Serota della Tate Gallery sino ai miliardari newyorkesi del settore immobiliare, facendo loro credere d' essere un artista originale e con idee importanti». Invece, si tratta di vuoti fenomeni pubblicitari, che invitano a riflettere sulla «totale sproporzione tra i prezzi toccati e il reale talento». L' intervento di Hughes è stato ripreso da Vargas Llosa in un articolo su «El País». Soffermandosi in particolare sulle quotazioni raggiunte dalle opere di Hirst alle aste di Sotheby' s, lo scrittore peruviano ha parlato degli scenari dell' arte contemporanea come di un grande carnevale in cui si mescola tutto: sacro e profano, abilità e furbizia. Creatori e pagliacci. Una confusione che non ci permette più di fare distinzioni. Non siamo in grado di «separare la scoria bruta dal puro metallo»: non riusciamo a dividere il bello dal brutto. Questo sbandamento consente ad artisti senza qualità di ottenere successi e consensi al di là del loro effettivo valore: contano soprattutto «fattori estranei» come le doti istrionico-scandalistiche e le «manovre mafiose» dei galleristi, dei mercanti, dei collezionisti. Si pensi ancora a Hirst. Un impertinente esibizionista, un «delinquente». Un imbroglione, le cui installazioni - farfalle morte, animali messi sotto formaldeide e barattoli di medicinali allineati - sono testimonianze di assoluta mancanza di capacità manuale. Rimaniamo disorientati, interdetti. Come reagire? Vargas Llosa invita a ritornare alla soggettività. Bisogna giudicare quadri e sculture in base al nostro buono (e cattivo) gusto. Solo così si potrà distinguere un capolavoro da un simulacro. «Dal mio punto di vista l' unico modo per uscire dalla situazione nella quale ci siamo messi grazie alla nostra generosa disposizione a incoraggiare la demolizione di tutti i valori estetici da parte delle avanguardie degli ultimi ottant' anni anni, è diffondere proprio il soggettivismo e raccomandare al pubblico di emanciparsi e di non tollerare più certe operazioni truffaldine». Le diagnosi di Hughes e di Vargas Llosa descrivono i contorni di un crollo. Analoghe opinioni sono state sostenute da Olivier Jullien, su «Le Monde» del 27 novembre, in uno spietato j' accuse, intitolato Art contemporain, le triomphe des cyniques. I cinici in questione sono Koons, Fabre e Hirst, che vengono considerati come i pompiers del Duemila. Accademici borghesi, le cui opere sono cifre di un kitsch che, riportato attraverso soluzioni monumentali, esibisce arroganza e provocazione. Tracce di un' epoca che non sa più riflettere, confrontare, vedere. Benvenuti nel tempio del postmodernismo di lusso, nel «pays du cynisme roi». Posizioni troppo pessimistiche? Letture riduttive? Approcci tranchant? Più ricca di sfumature la tesi di Paul Virilio, in un piccolo libro uscito mesi fa (L' arte dell' accecamento, Raffaello Cortina). Qui si disegna un difficile transito: dall' arte sostanziale - fondata sull' uso della materia - all' arte accidentale, figlia dell' inatteso, dominata dall' assenza e dalla strategia dello stupore a tutti i costi. Un esempio? Maurizio Cattelan. Per Virilio, l' arte non deve più essere rivoluzionaria, ma deve solo rivelare la «finitezza del mondo». In questa direzione va la mostra curata dallo stesso Virilio, «Terre Natale», ora alla Fondation Cartier di Parigi: una carrellata di episodi (di Diller Scofidio, Mark Hansen, Laura Kurgan e Ben Rubin), per investigare sulle trasformazioni delle geografie e dei territori. Dunque, un nuovo partito. Ma chi sono davvero gli antimoderni? Moralisti: che vogliono essere up to date, ma con equilibrio, conservando una certa distanza dalla cronaca. Da loro viene la sollecitazione a intrattenere un dialogo corretto con il presente, inteso come stratificazione insicura di problemi e di domande. Non dobbiamo limitarci ad accoglierne le pronunce. Bisogna intercettarne anche i passaggi oscuri. Per uscire dall' ombra. E restituire alla creazione il suo potere antico. L' arte deve essere ancora un meraviglioso artificio per attraversare diagonalmente la realtà. Per svelare un' inattesa bellezza, concepita non come icona ferma ma, per dirla con Adorno, come «parallelogramma di forze». Ribelli al kitsch Mario Vargas Llosa ha scritto che l' arte contemporanea è «un grande carnevale» Per Robert Hughes Damien Hirst è «un pirata» e «un cialtrone» Paul Virilio ha definito Cattelan come il simbolo dell' «arte accidentale» Antoine Compagnon: tra i primi a parlare degli «antimoderni»

Trione Vincenzo


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Messaggio  Stefano Mer 13 Apr 2011, 02:21

Davvero molto interessante questo articolo.
Questa frase poi la ritengo una verità assoluta, e da tempo sostengo che le bolle speculative nel mondo dell'arte, si pagano prima o poi.....

"L' intervento di Hughes è stato ripreso da Vargas Llosa in un articolo su «El País». Soffermandosi in particolare sulle quotazioni raggiunte dalle opere di Hirst alle aste di Sotheby' s, lo scrittore peruviano ha parlato degli scenari dell' arte contemporanea come di un grande carnevale in cui si mescola tutto: sacro e profano, abilità e furbizia. Creatori e pagliacci. Una confusione che non ci permette più di fare distinzioni. Non siamo in grado di «separare la scoria bruta dal puro metallo»: non riusciamo a dividere il bello dal brutto. Questo sbandamento consente ad artisti senza qualità di ottenere successi e consensi al di là del loro effettivo valore: contano soprattutto «fattori estranei» come le doti istrionico-scandalistiche e le «manovre mafiose» dei galleristi, dei mercanti, dei collezionisti."

Sapete che Manzoni ha fatto 30 scatolette di merda d'artista e che a parte una andata distrutta perchè un pirla che l'ha comprata voleva vederne il contenuto, le altre iniziano ad avere problemi di conservazione essendo di metallo con all'interno un contenuto nobile.
Che ne faranno i collezionisti tra qualche anno visto che l'articolo sarò corroso e maleodorante? Twisted Evil
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Messaggio  Lucamenes Mer 13 Apr 2011, 02:28

Stefano ha scritto:Che ne faranno i collezionisti tra qualche anno visto che l'articolo sarò corroso e maleodorante? Twisted Evil

Beh, potranno sempre raccontare ai loro nipoti che avevano in collezione una scatola di m...anzoni! Se mai troveranno il coraggio! Twisted Evil
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Messaggio  Rebecca Mer 13 Apr 2011, 14:03

Lucamenes ha scritto:
Stefano ha scritto:Che ne faranno i collezionisti tra qualche anno visto che l'articolo sarò corroso e maleodorante? Twisted Evil

Beh, potranno sempre raccontare ai loro nipoti che avevano in collezione una scatola di m...anzoni! Se mai troveranno il coraggio! Twisted Evil
chissà quanto è quotata la m di forumista scratch

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Messaggio  Lucamenes Mer 13 Apr 2011, 14:28

Concentriamo la discussione sull''articolo, grazie!

Lucamenes ha scritto:Nell'articolo il Maestro cita Vargas Llosa a Robert Hughes, per conoscere meglio il loro pensiero potete leggere questo articolo di Vincenzo Trione (curatore dell'ultima mostra a Palazzo Reale di Dali) tratto dal Corriere della Sera, che ha colpito molto Nunziante tanto da avermelo proposto un paio di settimane fa come spunto di discussione per noi forumisti:


Tendenze Un movimento spontaneo di letterati e filosofi contesta l' «estetica degli eccessi». Nel nome di un ritorno alla soggettività
Da Vargas Llosa a Robert Hughes I nuovi paladini dell' antimoderno
Nasce un partito di intellettuali contro l' arte «commerciale e scandalistica» Poteri Sotto accusa Nel mirino c' è prima di tutto Damien Hirst. Ma anche Jeff Koons, Jan Fabre e Maurizio Cattelan

Cosa hanno in comune Robert Hughes, Mario Vargas Llosa e Paul Virilio? Poco: si muovono in orizzonti diversi, appartengono a culture lontane, esprimono sensibilità differenti. Eppure, sono accomunati da un avversario: l' arte contemporanea, nei suoi eccessi e nelle sue degenerazioni. Voci di un' insofferenza sempre più diffusa, Hughes, Vargas Llosa e Virilio si apprestano a diventare i leader involontari di un nuovo partito estetico. Che nasce non da un preciso calcolo, ma da una stringente necessità. Non segue un programma, ma indica una convergenza. Si sta ramificando a livello internazionale, sorretto da una sorta di urgenza etica. L' obiettivo è quello di reagire, di opporsi, di non adeguarsi, ripristinando regole e ridefinendo giudizi. Un partito conservatore o progressista? Ci troviamo dinanzi a un movimento che sta sorgendo in modo involontario, con l' intento di suggerire possibili vie di uscita in una fase storica come la nostra, segnata da declino e da disorientamento. Un movimento antimoderno, che finora non ha redatto manifesti, ma è intervenuto in maniera rapsodica, con varie uscite, in programmi televisivi, su giornali e in libri, disegnando una sorprendente confluenza di prospettive. Ad animare questo gruppo è un prepotente istinto di ribellione. Si individuano alcuni miti negativi, da debellare: l' impoverimento della sapienza tecnica, la ricerca dello choc effimero, l' indebolimento della bellezza, la sudditanza nei confronti delle imposizioni del mercato. Un dato dovrebbe far riflettere. Il partito non è formato da critici d' arte tout court: i quali, sempre più spesso, sono legati a un' attualità senza radici, che viene talvolta assunta e documentata, non interpretata, né sfidata. Gli antimoderni sono intellettuali eccentrici, autonomi, liberi: scrittori, filosofi. Li guida la capacità di irritarsi, di indignarsi: indulgendo, spesso, in posizioni piuttosto apocalittiche. Per un verso, essi colgono i sintomi di una catastrofe poetica. Per un altro verso, immaginano sentieri alternativi. Vogliono correggere deviazioni, riscoprire il common sense. Con una veemenza polemica che ricorda certe annotazioni contro la contemporaneità di Giorgio de Chirico e gli scritti corsari di Pier Paolo Pasolini. Dietro di loro non vi è il Nietzsche delle «considerazioni inattuali», ma lo Spengler de Il tramonto dell' Occidente. E il Camus, che invitava a mettersi di traverso rispetto alle onde della Storia. Ma anche de Maistre, Baudelaire, Cioran e Barthes: tra gli autori di cui ha parlato Antoine Compagnon in un volume di qualche anno fa, intitolato proprio Les antimodernes (Gallimard), dove si ricorda che siamo di fronte non a reazionari, ma a «moderni controvoglia», che avanzano guardando in uno specchio retrovisore. Nella mappa di Compagnon, un posto rilevante potrebbe essere occupato da Hughes e da Vargas Llosa, i quali, nelle scorse settimane, si sono scagliati con veemenza contro il (presunto) responsabile delle corruzione attuali: Damien Hirst, straordinario promotore di se stesso, ma anche sofisticato alchimista di ossessioni. Un capro espiatorio troppo facile? In uno dei suoi «art essay» trasmessi da Channel 4, Hughes - riprendendo tematiche già sviluppate nel suo fortunato pamphlet La cultura del piagnisteo (Adelphi) - ha parlato di Hirst come di un pirata. Un cialtrone, costruttore di sculture che non hanno nulla in comune con le autentiche opere d' arte. Prodotti commerciali: nient' altro che brand. Hirst è riuscito a ingannare tante persone: «dai funzionari di museo come Nicholas Serota della Tate Gallery sino ai miliardari newyorkesi del settore immobiliare, facendo loro credere d' essere un artista originale e con idee importanti». Invece, si tratta di vuoti fenomeni pubblicitari, che invitano a riflettere sulla «totale sproporzione tra i prezzi toccati e il reale talento». L' intervento di Hughes è stato ripreso da Vargas Llosa in un articolo su «El País». Soffermandosi in particolare sulle quotazioni raggiunte dalle opere di Hirst alle aste di Sotheby' s, lo scrittore peruviano ha parlato degli scenari dell' arte contemporanea come di un grande carnevale in cui si mescola tutto: sacro e profano, abilità e furbizia. Creatori e pagliacci. Una confusione che non ci permette più di fare distinzioni. Non siamo in grado di «separare la scoria bruta dal puro metallo»: non riusciamo a dividere il bello dal brutto. Questo sbandamento consente ad artisti senza qualità di ottenere successi e consensi al di là del loro effettivo valore: contano soprattutto «fattori estranei» come le doti istrionico-scandalistiche e le «manovre mafiose» dei galleristi, dei mercanti, dei collezionisti. Si pensi ancora a Hirst. Un impertinente esibizionista, un «delinquente». Un imbroglione, le cui installazioni - farfalle morte, animali messi sotto formaldeide e barattoli di medicinali allineati - sono testimonianze di assoluta mancanza di capacità manuale. Rimaniamo disorientati, interdetti. Come reagire? Vargas Llosa invita a ritornare alla soggettività. Bisogna giudicare quadri e sculture in base al nostro buono (e cattivo) gusto. Solo così si potrà distinguere un capolavoro da un simulacro. «Dal mio punto di vista l' unico modo per uscire dalla situazione nella quale ci siamo messi grazie alla nostra generosa disposizione a incoraggiare la demolizione di tutti i valori estetici da parte delle avanguardie degli ultimi ottant' anni anni, è diffondere proprio il soggettivismo e raccomandare al pubblico di emanciparsi e di non tollerare più certe operazioni truffaldine». Le diagnosi di Hughes e di Vargas Llosa descrivono i contorni di un crollo. Analoghe opinioni sono state sostenute da Olivier Jullien, su «Le Monde» del 27 novembre, in uno spietato j' accuse, intitolato Art contemporain, le triomphe des cyniques. I cinici in questione sono Koons, Fabre e Hirst, che vengono considerati come i pompiers del Duemila. Accademici borghesi, le cui opere sono cifre di un kitsch che, riportato attraverso soluzioni monumentali, esibisce arroganza e provocazione. Tracce di un' epoca che non sa più riflettere, confrontare, vedere. Benvenuti nel tempio del postmodernismo di lusso, nel «pays du cynisme roi». Posizioni troppo pessimistiche? Letture riduttive? Approcci tranchant? Più ricca di sfumature la tesi di Paul Virilio, in un piccolo libro uscito mesi fa (L' arte dell' accecamento, Raffaello Cortina). Qui si disegna un difficile transito: dall' arte sostanziale - fondata sull' uso della materia - all' arte accidentale, figlia dell' inatteso, dominata dall' assenza e dalla strategia dello stupore a tutti i costi. Un esempio? Maurizio Cattelan. Per Virilio, l' arte non deve più essere rivoluzionaria, ma deve solo rivelare la «finitezza del mondo». In questa direzione va la mostra curata dallo stesso Virilio, «Terre Natale», ora alla Fondation Cartier di Parigi: una carrellata di episodi (di Diller Scofidio, Mark Hansen, Laura Kurgan e Ben Rubin), per investigare sulle trasformazioni delle geografie e dei territori. Dunque, un nuovo partito. Ma chi sono davvero gli antimoderni? Moralisti: che vogliono essere up to date, ma con equilibrio, conservando una certa distanza dalla cronaca. Da loro viene la sollecitazione a intrattenere un dialogo corretto con il presente, inteso come stratificazione insicura di problemi e di domande. Non dobbiamo limitarci ad accoglierne le pronunce. Bisogna intercettarne anche i passaggi oscuri. Per uscire dall' ombra. E restituire alla creazione il suo potere antico. L' arte deve essere ancora un meraviglioso artificio per attraversare diagonalmente la realtà. Per svelare un' inattesa bellezza, concepita non come icona ferma ma, per dirla con Adorno, come «parallelogramma di forze». Ribelli al kitsch Mario Vargas Llosa ha scritto che l' arte contemporanea è «un grande carnevale» Per Robert Hughes Damien Hirst è «un pirata» e «un cialtrone» Paul Virilio ha definito Cattelan come il simbolo dell' «arte accidentale» Antoine Compagnon: tra i primi a parlare degli «antimoderni»

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Messaggio  axis Gio 14 Apr 2011, 01:45

Lucamenes ha scritto:Nell'articolo il Maestro cita Vargas Llosa a Robert Hughes, per conoscere meglio il loro pensiero potete leggere questo articolo di Vincenzo Trione (curatore dell'ultima mostra a Palazzo Reale di Dali) tratto dal Corriere della Sera, che ha colpito molto Nunziante tanto da avermelo proposto un paio di settimane fa come spunto di discussione per noi forumisti:


Tendenze Un movimento spontaneo di letterati e filosofi contesta l' «estetica degli eccessi». Nel nome di un ritorno alla soggettività
Da Vargas Llosa a Robert Hughes I nuovi paladini dell' antimoderno
Nasce un partito di intellettuali contro l' arte «commerciale e scandalistica» Poteri Sotto accusa Nel mirino c' è prima di tutto Damien Hirst. Ma anche Jeff Koons, Jan Fabre e Maurizio Cattelan

Cosa hanno in comune Robert Hughes, Mario Vargas Llosa e Paul Virilio? Poco: si muovono in orizzonti diversi, appartengono a culture lontane, esprimono sensibilità differenti. Eppure, sono accomunati da un avversario: l' arte contemporanea, nei suoi eccessi e nelle sue degenerazioni. Voci di un' insofferenza sempre più diffusa, Hughes, Vargas Llosa e Virilio si apprestano a diventare i leader involontari di un nuovo partito estetico. Che nasce non da un preciso calcolo, ma da una stringente necessità. Non segue un programma, ma indica una convergenza. Si sta ramificando a livello internazionale, sorretto da una sorta di urgenza etica. L' obiettivo è quello di reagire, di opporsi, di non adeguarsi, ripristinando regole e ridefinendo giudizi. Un partito conservatore o progressista? Ci troviamo dinanzi a un movimento che sta sorgendo in modo involontario, con l' intento di suggerire possibili vie di uscita in una fase storica come la nostra, segnata da declino e da disorientamento. Un movimento antimoderno, che finora non ha redatto manifesti, ma è intervenuto in maniera rapsodica, con varie uscite, in programmi televisivi, su giornali e in libri, disegnando una sorprendente confluenza di prospettive. Ad animare questo gruppo è un prepotente istinto di ribellione. Si individuano alcuni miti negativi, da debellare: l' impoverimento della sapienza tecnica, la ricerca dello choc effimero, l' indebolimento della bellezza, la sudditanza nei confronti delle imposizioni del mercato. Un dato dovrebbe far riflettere. Il partito non è formato da critici d' arte tout court: i quali, sempre più spesso, sono legati a un' attualità senza radici, che viene talvolta assunta e documentata, non interpretata, né sfidata. Gli antimoderni sono intellettuali eccentrici, autonomi, liberi: scrittori, filosofi. Li guida la capacità di irritarsi, di indignarsi: indulgendo, spesso, in posizioni piuttosto apocalittiche. Per un verso, essi colgono i sintomi di una catastrofe poetica. Per un altro verso, immaginano sentieri alternativi. Vogliono correggere deviazioni, riscoprire il common sense. Con una veemenza polemica che ricorda certe annotazioni contro la contemporaneità di Giorgio de Chirico e gli scritti corsari di Pier Paolo Pasolini. Dietro di loro non vi è il Nietzsche delle «considerazioni inattuali», ma lo Spengler de Il tramonto dell' Occidente. E il Camus, che invitava a mettersi di traverso rispetto alle onde della Storia. Ma anche de Maistre, Baudelaire, Cioran e Barthes: tra gli autori di cui ha parlato Antoine Compagnon in un volume di qualche anno fa, intitolato proprio Les antimodernes (Gallimard), dove si ricorda che siamo di fronte non a reazionari, ma a «moderni controvoglia», che avanzano guardando in uno specchio retrovisore. Nella mappa di Compagnon, un posto rilevante potrebbe essere occupato da Hughes e da Vargas Llosa, i quali, nelle scorse settimane, si sono scagliati con veemenza contro il (presunto) responsabile delle corruzione attuali: Damien Hirst, straordinario promotore di se stesso, ma anche sofisticato alchimista di ossessioni. Un capro espiatorio troppo facile? In uno dei suoi «art essay» trasmessi da Channel 4, Hughes - riprendendo tematiche già sviluppate nel suo fortunato pamphlet La cultura del piagnisteo (Adelphi) - ha parlato di Hirst come di un pirata. Un cialtrone, costruttore di sculture che non hanno nulla in comune con le autentiche opere d' arte. Prodotti commerciali: nient' altro che brand. Hirst è riuscito a ingannare tante persone: «dai funzionari di museo come Nicholas Serota della Tate Gallery sino ai miliardari newyorkesi del settore immobiliare, facendo loro credere d' essere un artista originale e con idee importanti». Invece, si tratta di vuoti fenomeni pubblicitari, che invitano a riflettere sulla «totale sproporzione tra i prezzi toccati e il reale talento». L' intervento di Hughes è stato ripreso da Vargas Llosa in un articolo su «El País». Soffermandosi in particolare sulle quotazioni raggiunte dalle opere di Hirst alle aste di Sotheby' s, lo scrittore peruviano ha parlato degli scenari dell' arte contemporanea come di un grande carnevale in cui si mescola tutto: sacro e profano, abilità e furbizia. Creatori e pagliacci. Una confusione che non ci permette più di fare distinzioni. Non siamo in grado di «separare la scoria bruta dal puro metallo»: non riusciamo a dividere il bello dal brutto. Questo sbandamento consente ad artisti senza qualità di ottenere successi e consensi al di là del loro effettivo valore: contano soprattutto «fattori estranei» come le doti istrionico-scandalistiche e le «manovre mafiose» dei galleristi, dei mercanti, dei collezionisti. Si pensi ancora a Hirst. Un impertinente esibizionista, un «delinquente». Un imbroglione, le cui installazioni - farfalle morte, animali messi sotto formaldeide e barattoli di medicinali allineati - sono testimonianze di assoluta mancanza di capacità manuale. Rimaniamo disorientati, interdetti. Come reagire? Vargas Llosa invita a ritornare alla soggettività. Bisogna giudicare quadri e sculture in base al nostro buono (e cattivo) gusto. Solo così si potrà distinguere un capolavoro da un simulacro. «Dal mio punto di vista l' unico modo per uscire dalla situazione nella quale ci siamo messi grazie alla nostra generosa disposizione a incoraggiare la demolizione di tutti i valori estetici da parte delle avanguardie degli ultimi ottant' anni anni, è diffondere proprio il soggettivismo e raccomandare al pubblico di emanciparsi e di non tollerare più certe operazioni truffaldine». Le diagnosi di Hughes e di Vargas Llosa descrivono i contorni di un crollo. Analoghe opinioni sono state sostenute da Olivier Jullien, su «Le Monde» del 27 novembre, in uno spietato j' accuse, intitolato Art contemporain, le triomphe des cyniques. I cinici in questione sono Koons, Fabre e Hirst, che vengono considerati come i pompiers del Duemila. Accademici borghesi, le cui opere sono cifre di un kitsch che, riportato attraverso soluzioni monumentali, esibisce arroganza e provocazione. Tracce di un' epoca che non sa più riflettere, confrontare, vedere. Benvenuti nel tempio del postmodernismo di lusso, nel «pays du cynisme roi». Posizioni troppo pessimistiche? Letture riduttive? Approcci tranchant? Più ricca di sfumature la tesi di Paul Virilio, in un piccolo libro uscito mesi fa (L' arte dell' accecamento, Raffaello Cortina). Qui si disegna un difficile transito: dall' arte sostanziale - fondata sull' uso della materia - all' arte accidentale, figlia dell' inatteso, dominata dall' assenza e dalla strategia dello stupore a tutti i costi. Un esempio? Maurizio Cattelan. Per Virilio, l' arte non deve più essere rivoluzionaria, ma deve solo rivelare la «finitezza del mondo». In questa direzione va la mostra curata dallo stesso Virilio, «Terre Natale», ora alla Fondation Cartier di Parigi: una carrellata di episodi (di Diller Scofidio, Mark Hansen, Laura Kurgan e Ben Rubin), per investigare sulle trasformazioni delle geografie e dei territori. Dunque, un nuovo partito. Ma chi sono davvero gli antimoderni? Moralisti: che vogliono essere up to date, ma con equilibrio, conservando una certa distanza dalla cronaca. Da loro viene la sollecitazione a intrattenere un dialogo corretto con il presente, inteso come stratificazione insicura di problemi e di domande. Non dobbiamo limitarci ad accoglierne le pronunce. Bisogna intercettarne anche i passaggi oscuri. Per uscire dall' ombra. E restituire alla creazione il suo potere antico. L' arte deve essere ancora un meraviglioso artificio per attraversare diagonalmente la realtà. Per svelare un' inattesa bellezza, concepita non come icona ferma ma, per dirla con Adorno, come «parallelogramma di forze». Ribelli al kitsch Mario Vargas Llosa ha scritto che l' arte contemporanea è «un grande carnevale» Per Robert Hughes Damien Hirst è «un pirata» e «un cialtrone» Paul Virilio ha definito Cattelan come il simbolo dell' «arte accidentale» Antoine Compagnon: tra i primi a parlare degli «antimoderni»

Trione Vincenzo


Pagina 41
(3 dicembre 2008) - Corriere della Sera


Articolo fantastico, che esplicita tutto quello che è il nostro più o meno conscio sentimento al riguardo.
Credo che queste posizoni in futuro prenderanno sempre più piede e tali esplicitazioni non sono altro che manifestazioni di un pensiero sempre più collettivo; non è un movimento che penso miri a configurarsi nè come reazionario nè come progressista; è puramente un movimento di sensibilità, buon senso e corretta prospettiva, poi come al solito ognuno lo tirerà da una parte o dall'altra a secondo delle convenienze, ma volutamente travisandone il significato.
è un movimento che dice quello che tutti pensano solo che se lo dice un pensatore affermato allora siamo di fronte ad un'analisi critica o a una dotta discettazione, se le stesse cose invece le dice l'uomo della stada, allora quest'ultimo "non capisce", non ha l'apertura mentale per comprendere certi concetti... questa è la dittatura di pensiero che è stata instaurata dall'arte contemporanea con la complicità dei vari attori del settore e dei media, per cui se uno non comprende certa arte è perchè è rimasto indietro o non è un abbastanza fine speculatore (nel senso intellettivo del termine, non finanziario...).
Mi piace ricordare quella famosa frase di Sgarbi il cui senso è più o meno questo: se guardando un'opera non capite nulla probabilmente è perchè non c'è nulla da capire ( sottointeso: e non perchè siete cretini voi come vi vogliono far credere).
Non è un caso che un movimento del genere venga promosso da soggetti estranei al mondo dell'arte; gli operatori istituzionali infatti in questi meccanismi ci sono dentro fino al collo e non si sputa nel piatto in cui si mangia.
Ma non si può obnubilare i sensi della gente in eterno; storicamente prima o poi si apre gli occhi e i nodi vengono al pettine; arriverà ben una crisi di rigetto da parte della società che farà cambiare l'inerzia di questo mondo dell'arte.
L'unica cosa su cui non concordo con l'articolo è quando vien detto "demolizione di tutti i valori estetici da parte delle avanguardie degli ultimi ottant'anni"; io non sarei così radicale, le avanguardie avevano il loro perchè ed anche le loro stramberie erano comunque frutto di una ricerca di nuove soluzioni fatte da soggetti con una profonda cultura artistica, ed in quanto tali avevano una loro "dignità intrinseca di pensiero" a prescindere dagli piacevolezza soggettiva degli esiti; la stessa arte povera (che quasi nessuno di noi apprezza) era comunque nella maggior parte dei casi frutto di una ricerca con delle basi di pensiero, figlia di un'analisi critica, almeno nella sue prime fasi, quelle propriamente sperimentali; non era ancora caduta nella mercificazione del finto pensiero, che è il vero male dell'arte attuale contro cui si scaglia questo "movimento" e che sta funestando con tutte le sue implicazioni ormai da troppo tempo il mondo dell'arte; ma questa affermazione commerciale e mediatica del nulla travestito da nuova frontiera è a mio avviso iniziato negli anni 80; prima di allora un'avanguardia era concretamente un'avanguardia; è adesso che non lo è più, in quanto si è di fronte ad una stantia riproposizione sotto nuove vesti formali di schemi creativi vecchi di 40 anni solo imbellettati a nuovo con un sacco di parole a bella posta e dilatati fino all'estremo limite della provocazione.
Ma dilata dilata, prima o poi l'elastico si spezza.
Vorrei far notare anche un'altra cosa: gli appassionati d'arte sono milioni, ma chi concede realmente credito a certe tendenze attuali è solo una sparuta minoranza, una elite (economica, non intellettuale) di collezionisti dalle grandi possibilità economiche i quali spingono ed impongono certi tipi di arte per pure finalità speculative e non per amore dell'arte stessa; ma siamo di fronte a delle cerchie autoreferenziali in realtà composte da meno persone di quanto si vuole far credere, solo che rivestono le posizioni ed hanno le possibiltà economiche per rendere il loro pensiero totalizzante e diffonderlo su larga scala; ma in realtà, nonostante tutti i battage, gli eventi e le operazioni commercali, il 90% della gente in queste cose non si riconosce.
Dovendo invece fare un pò di autocritica direi che parte di questo 90%, in nome del Dio denaro e cedendo alle sirene del mercato, ha partecipato attivamente a questo scempio comprando artisti che non gli piacciono (ed alimentando di conseguenza il loro mercato rendendosi così complici dell'odiato meccanismo) semplicemente seguendo l'illusione o la speranza di ricavarne facili guadagni; fintanto che tali persone guarderanno all'acquisto d'arte come ad un qualsiasi asset finanziario da mettere a reddito e non come alla ricerca di possesso di un qualcosa che abbia un valore intrinseco, prescindendo da un, peraltro ipotetico, arricchimento futuro, certe dinamiche non cambieranno; ma prima o poi la scoppola arriverà, il tempo è gentiluomo, e i tapini si renderanno conto di essere corsi dietro ad un pugno di mosche; a quel punto la malia del denaro facile, che annebbiava loro la vista, si diraderà e quando avranno di nuovo gli occhi per vedere inizieranno a comprare ciò che effettivamente merita di essere comprato per intrinseci meriti.
Su questo fondamentale punto noi stiamo giocando di anticipo... del resto si sa, chi primo arriva meglio alloggia... Very Happy
PS Ah, che bello, era un sacco di tempo che non potevo fare un intervento articolato come piace a me, ma adesso che c'ho il computer nuovo...
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Messaggio  Stefano Gio 14 Apr 2011, 02:04

Hai fatto un bel recupero, adesso vai piano piano, fai respirare il computer.... Laughing
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Messaggio  axis Ven 15 Apr 2011, 20:58

L'articolo è molto interessante, nessuno rilancia con un nuovo commento?
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Messaggio  Rebecca Ven 15 Apr 2011, 21:40

axis ha scritto:L'articolo è molto interessante, nessuno rilancia con un nuovo commento?
di quante pagine lo vuoi il commento? Very Happy
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Messaggio  axis Ven 15 Apr 2011, 21:45

Rebecca ha scritto:
axis ha scritto:L'articolo è molto interessante, nessuno rilancia con un nuovo commento?
di quante pagine lo vuoi il commento? Very Happy

Very Happy due righe, sennò si intasa il server!
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Messaggio  Giuseppe77 Ven 15 Apr 2011, 22:15

axis ha scritto:L'articolo è molto interessante, nessuno rilancia con un nuovo commento?

io sto ancora leggendo l'articolo, poi leggerò il tuo commento, conto di finire intorno al solstizio d'estate.
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Messaggio  Rebecca Sab 16 Apr 2011, 00:13

Giuseppe77 ha scritto:
axis ha scritto:L'articolo è molto interessante, nessuno rilancia con un nuovo commento?

io sto ancora leggendo l'articolo, poi leggerò il tuo commento, conto di finire intorno al solstizio d'estate.
obnubilisco i sensi poi rilancio anch'io Very Happy

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